Gimino – Sanvincenti

Gimino

S. Antonio

Il conservatore austriaco Anton Gnirs, finanziato da Francesco Ferdinando d’Asburgo e a suo nome, acquistò dalla vedova Foška Peteh la chiesa di S. Antonio, fino ad allora adibita a magazzino, in cambio di 450 corone. Tuttavia, nei libri fondiari ancor oggi Anton Gnirs figura come reale proprietario dell’edificio.

La chiesa è stata costruita con pietre regolari e scolpite con cura. Sulla parete meridionale e occidentale si sono conservate le transenne gotiche. Gli elementi in pietra della finestra sulla facciata sono stati ricostruiti nel corso di un intervento di restauro attorno al 1964. La chiesa presenta una singolare tipologia architettonica con abside inscritta e coperta da una volta a sesto acuto, come anche la navata realizzata con delle nicchie semicircolari. I committenti e il costruttore della chiesa sono menzionati in un’iscrizione murata nella facciata, risalente all’anno 1381; vi sono riportati i nomi di Marino, Sladonich e Teodor che si possono ricollegare alla confraternita (probabilmente omonima del titolare della chiesa) raffigurata sulla parete orientale dell’abside; questo sta a testimoniare il ruolo di committenti di opere d’arte che le confraternite ebbero in Istria fin da tempi remoti. Sulla parete destra dell’abside notiamo tre stemmi. Quello a sinistra, il meglio conservato, appartiene alla famiglia Devin, mentre quello a destra è asburgico. La lunetta dell’abside è decorata con la scena dell’Incoronazione della Madonna. Nella parte sottostante, nei riquadri delle nicchie sono dipinti (a partire dalla sinistra): S. Antonio abate, Pietro, Paolo e ancora un santo col cappello vescovile, il  pallio e un libro nella mano destra. La volta dell’abside è occupata dai quattro evangelisti, le cui teste sono rimpiazzate dai loro rispettivi simboli zoomorfi. Nella nicchia della parete meridionale c’è l’Adorazione dei Magi; nelle nicchie della parete settentrionale vediamo invece la Risurrezione e l’Ascensione di Cristo. La raffigurazione della morte, ovvero degli scheletri sulla parete occidentale, sta a dimostrare l’interesse iconografico per la tematica macabra. Sulla sezione destra della parete occidentale vediamo ciò che resta dell’immagine del grembo di Abramo. Sull’arco trionfale sono visibili frammenti dell’Annunciazione. Nella volta della navata, ogni parete reca due registri con otto scene complessive che purtroppo versano in cattivo stato. Si riesce a distinguere la scena della Crocifissione. Il trono dell’Incoronazione è circondato da otto angeli musicanti che suonano il salterio, il violino, la mandora, l’organo portativo, il liuto e il tamburello. Queste sono le più antiche raffigurazioni di strumenti musicali in Istria. Le descrizioni liriche degli angeli inginocchiati con il corpo leggermente ricurvo, i movimenti agili delle loro eleganti dita, nonché i chiari colori pastello dei vestiti dai tagli signorili sono espressione di uno stile gotico internazionale e sinonimi di una raffinata etichetta di corte. Il colorito dà un'impressione generale ai dipinti: prevale il blu scuro virante al nero con il quale il pittore ha riempito gli sfondi e la zona del velario. Da quest’oscurità trapelano l’apparato scenico architettonico e gli stessi personaggi dalle tonalità gialle, verdi e rosse. In questa composizione si riconoscono le mani di due pittori: il più abile ha dipinto l’Incoronazione e i santi ai suoi piedi; l’altro, meno capace, ha realizzato il resto. Gli affreschi sono stati relazionati all’arte figurativa di un maestro formatosi sui pittori prerinascimentali veneziani, in un ambiente condizionato dall’arte di Lorenzo Veneziano, Catarino e Donato. Ricerche più recenti hanno notato un possibile influsso della pittura senese che approdò nella provincia istriana transitando per Venezia.

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